lunedì 14 gennaio 2008

IL LIBRAIO NON È UN MERCANTE

Non va dimenticato che dal 1999 in Galleria Vittorio Emanuele II hanno chiuso ben tre librerie: la Garzanti nel 1999 (o era il 2000?) sostituita da un negozio di cravatte, seguito dalla Libreria del Duomo, ora rimpiazzata da un negozio di gadget per tifosi di calcio e, ultimo in ordine di tempo, il Remainder. Restano in vita la libreria Rizzoli, il Megastore della Feltrinelli e la Libreria Bocca, ancorata alla sua sede dallo statuto di libreria storica italiana. Qualcuno potrà obiettare che anche così le librerie non mancano, ma non è questo il punto. Il fatto è che con queste chiusure viene a morire una certa forma di commercio del libro e, con esso, una fascia di lettori rimane scontentata. Il dato che ne emerge è che sopravvive solo la grande distribuzione e la spersonalizzazione del servizio, tanto che si compra un libro come si fa un acquisto al supermercato. Questo vuol dire che la funzione del libraio si è del tutto spersonalizzata. Ci si trova di fronte a un servizio in cui i libri si cercano solo in catalogo nella rete e, spesso, non si sa come interrogare i database (ragione per cui anche quando i libri ci sono non si riescono a trovare). Ricordo un’occasione in cui cercavo per un’amica una commedia di Fedeau intitolata La purga di bebè, e fui rimbalzato al reparto puericoltura! Il testo era comunque fuori catalogo, ma resta il fatto che un sistema così congegnato non funziona.
C’è una sola eccezione che ho riscontrato, ed è alla libreria Rizzoli di Milano, sempre in Galleria. È il solo caso che io conosca in cui si trovi una commessa che conosca i libri che maneggia, che li legge e li consiglia ai clienti. Non posso riportare esperienze dirette, ma più di una volta mi è capitato di vedere questa commessa bassina, i capelli grigi, con gli occhiali, intrattenersi con alcuni clienti abituali e scambiare opinioni sui libri che aveva proposto, consigliare un titolo piuttosto che un altro perché lo ha letto e se ne è fatta un parere. In questo modo, il libro non è più una merce come un’altra, perché si sa cosa c’è dentro!
Credo che sia questa la differenza di fondo, il modello di libraio che sta sparendo: quello che conosce i libri, oltre a conoscere i titoli, che ha un proprio gusto e lo propone ai suoi clienti, che non consiglia solo i best-sellers per incrementare le classifiche di vendita ma sa anche dire se l’ultimo testo del tale autore sia all’altezza dei precedenti o meno. Non che si sia poi obbligati a seguire questi consigli, naturalmente, ma resta il fatto che c’è una fascia di lettori che non resta soddisfatta dall’avvento della grande distribuzione, che lascia certi lettori un po’ in balia di sé stessi nel mare magnum, ormai di proporzioni spaventose, della produzione editoriale odierna. Forse è un segno dei tempi.

4 commenti:

Saw ha detto...

Certo che è un segno dei tempi Nico... e non accade solo per i libri secondo me, ma per tutte le piccole cose di una volta che ormai affogano nel mare magnum della grande distribuzione.

Anonimo ha detto...

ne convengo...
Nico

Anonimo ha detto...

Caro Luca, aggiungi pure che la chiusura della Libreria Accademia (che tu chiami Remainder) ha significato l'eliminazione ennesima di una traccia del passaggio di Franco Albini nella capitale lombarda. Adesso, al posto di quella struttura leggera e dei ballatoi un po' lerci, godiamoci la greve qualunquità di un caffé per turisti cash alla mano, alla faccia delle soprintendenze ai monumenti che stanno a m100 in linea d'aria.
A.

Anonimo ha detto...

Sono arrivata qui per caso, cercavo Branduardi. Questo post mi ha fatto ricordare (visivamente, proprio) la Galleria degli anni '90, di quando partivo all'alba per andare a Milano a cercare i libri che altrove non avrei trovato, e passavo ore tra il Libraccio di Viale Veneto, i chioschi di Porta Venezia e il Remainder Accademia. Grazie :-) Chiara