
Nel cinquantesimo anniversario del primo film della serie di don Camillo, il 2 giugno 2001, il comune di Brescello ha eretto in piazza Matteotti un monumento bronzeo dedicato ai due illustri protagonisti dei romanzi di Giovannino Guareschi e della fortunata serie di film dopo. A firmare il progetto lo scultore Andrea Zangani, che ha disposto due bronzi a grandezza naturale all’interno della piazza. Dal portone del municipio il bronzo di Peppone, levandosi il cappello, saluta i passanti, i quali, subito dopo, possono ricevere un saluto benedicente dal bronzo di don Camillo, di fronte alla chiesa di Santa Maria Nascente. Sono due sculture realiste (non iperrealiste, ma di quel realismo medio tipico di molta figurazione italiana), simili a certe sculture ambientali che si trovano nel nord Europa: persone che leggono il giornale sedute su una panchina di un parco, o intente in altre operazioni, che si mimetizzerebbero bene con la gente, se non fosse per il colore della patina di fusione a mostrare subito che non si tratta di persone vere. Per questo motivo, anche nel caso di Brescello non si tratta di due monumenti veri e propri, statuto che le due sculture avrebbero assunto automaticamente se fossero state poste sopra un piedistallo che le sopraelevasse rispetto al livello stradale.

La cosa curiosa, però, è che si sia dedicato un monumento a due personaggi di finzione e che, nel raffigurarli, non si sia potuto fare a meno di esemplarli sul modello iconografico offerto dal cinema. Il monumento, qui, non è a Gino Cervi nei panni di Peppone o a Fernandel nei panni di don Camillo, perché il monumento non è dedicato all’attore, che viene raffigurato nei panni del ruolo interpretato che lo ha reso più celebre, ma è dedicato al personaggio in sé, soltanto che la fortuna cinematografica della serie rende impossibile una iconografia che non tenga conto di quel modello. Un caso diverso, insomma, da quando Hogart aveva ritratto un grande attore del suo tempo nei panni di un personaggio shakespeariano, o un’altra nota attrice come musa della tragedia: in quel caso, il soggetto rimaneva il ritrattato, e il titolo stesso esplicitava che il costume era un travestimento: la finzione, lì, era del tutto esplicita. Qui non si può dire altrettanto.
In un certo senso, è come se i due personaggi della finzione, narrativa e cinematografica, avessero assunto una vita completamente autonoma, quasi slegata dal loro creatore, Giovannino Guareschi, e che ha senza dubbio del tutto oscurato, ad esempio, i vari registi che ne hanno reso fattiva la restituzione nel film (Julien Duvivier, Carmine Gallone e, infine, anche Luigi Comencini).
È come se si fosse cristallizzato quel luogo nella facies che gli ha dato notorietà: il turista si aspetta di vedere la parrocchia di don Camillo, il municipio di Peppone, e che tutto l’ambiente risponda, per quanto possibile, a quello della finzione cinematografica. Quello che ci si aspetta, in fondo, è di ritrovare il set del film: non ci si reca a Brescello per visitare un luogo tramandatoci quasi

3 commenti:
Nico quante volte devo dirtelo? Questi post saranno anche interessanti, ma sono troppo lunghi x il web! La gente si stufa!! Ascolta il vero blogger, Saw! :)
Caro Saw: la gente sul mio blog non ci viene proprio, se non due persone (una sei te e l'altra non commenta, ma legge)... Anche se scrivo troppo, faccio poco danno (poi non è che se scrivo poco la gente legga di più qui, a quanto pare...)
Nico
Le statue d don Camillo e Peppone un recente sondaggio dell'ESPRESSO le elenca tra le brutture d'Italia.
A Brescello,non capisco perchè ne parlate. Il visitatore attento vede nota luoghi turistici che fanno parte della storia dei film come gli ex uffici AMATO _RIZZOLI, La caricatura della "Gisella" sul muro, la "Cappella della discordia" e all'ingresso del museo il ritratto di Giovannino Guareschi dipinto dall'artista co- fondatore Marco Cagnolati che sul sito internet e sui depliant ufficiali viene sistematicamente omesso.
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