[…] lavorare solo sui particolari, sulle minuzie è un fenomeno funzionale alla sopravvivenza dei mediocri; in questo modo infatti anche le mezze calze avranno sempre da dire qualcosa; rovistando in archivio salterà sempre fuori un documento da pubblicare. E né l’occhio, né la vera cultura visiva, per i quali servono studio e talento e che dunque sono per pochi, rappresentano più requisiti indispensabili.
Fiorella Sricchia Santoro
in S. Pinto e M. Lafranconi, Gli storici dell’arte e la peste, Milano 2006, p. 64
sabato 30 giugno 2007
giovedì 28 giugno 2007
Vado in radio! (su internet)
vi segnalo un evento carino. C'è una radio che si ascolta via internet che si chiama www.radioimago.net
conosco una persona, Emanuela Volpe, che per questa radio conduce una trasmissione che si chiama "Artemisia" e che parla di arte in vario modo, spesso con delle conversazioni con persone invitate. Questa settimana ha invitato me, e mi potrete sentire in questo programma (non è lungo) lunedì prossimo 2 luglio alle 21.30
Chiacchieriamo di arte e racconto alcune delle esperienze che ho fatto in vario modo: del risultato sono abbastanza contento.
Per chi non avesse tempo o voglia di sentirla, la puntata è comunque scaricabile dal sito nella sezione archivio, da cui si possono ritrovare tutte le puntate precedenti (in questo caso si deve scaricare la puntata di "Artemisia" del 2 luglio). Per chiunque avesse tempo e voglia di ascoltarmi non posso che esserne contento!
conosco una persona, Emanuela Volpe, che per questa radio conduce una trasmissione che si chiama "Artemisia" e che parla di arte in vario modo, spesso con delle conversazioni con persone invitate. Questa settimana ha invitato me, e mi potrete sentire in questo programma (non è lungo) lunedì prossimo 2 luglio alle 21.30
Chiacchieriamo di arte e racconto alcune delle esperienze che ho fatto in vario modo: del risultato sono abbastanza contento.
Per chi non avesse tempo o voglia di sentirla, la puntata è comunque scaricabile dal sito nella sezione archivio, da cui si possono ritrovare tutte le puntate precedenti (in questo caso si deve scaricare la puntata di "Artemisia" del 2 luglio). Per chiunque avesse tempo e voglia di ascoltarmi non posso che esserne contento!
martedì 26 giugno 2007
bibliomanie: L’INDICE DEI LIBRI INTROVABILI, E DI QUELLI TROPPO TROVABILI.
Girando fra le bancarelle dei librai si imparano davvero tante cose. Tenendo presene che questi librai incrementano la loro offerta acquistando singoli libri o intere librerie dai privati, e che l’anima di questo settore è lo scambio fra privati, si impara a capire quali sono i libri da cui le persone si separano più volentieri e quali, invece, tengono comunque per sé: la rarità con cui certi libri transitano, a mio avviso, dice qualche cosa. Ci sono dei testi che sull’antiquariato librario sono letteralmente introvabili, persino su internet. Uno di questi, che ho cercato per anni, e che non mi è ancora capitato di trovare, è La pecora di Giotto dello storico dell’arte Luciano Bellosi. Eppure non si può definire propriamente un libro antico, dal momento che è stato edito alla metà degli anni ’80. se invece si cerca, dello stesso autore, un libro un tantino più vecchio come Buffalmacco e il Trionfo della morte, ecco che un due o tre copie di questo testo si trovano quasi sempre. Ma l’elenco degli introvabili sarebbe lunghissimo. Posso solo accennare ai desiderata che per più tempo mi hanno dato filo da torcere, come gli Studi sul paesaggio di Giovanni Romano, il catalogo della mostra Zenale e Leonardo, certi titoli di Haskell. Ma questo è solo un piccolo sfogo…
Si può anche fare un rilievo di segno opposto: in qualsiasi bancarella si sbirci anche solo per poco si troverà sempre (o quasi sempre) una copia de Il libro delle rupi di Ceram, un libro che ha avuto un certo successo, in passato, che forse ne giustifica la grande presenza fra i libri rari. È anche vero, però, che se si trova così spesso significa che i possessori se ne disfano.
Ci sono libri, insomma, con cui non si instaura quel feeling tale per cui da un certo libro non ci si riesce più a separare in nessun modo; con altri, invece, questo non accade. Molti libri, poi, vagano in modo inconsulto. Fra i più negletti, mi fa notare Luigi Giurdanella, ci sono i libri di poesia, la cui circolazione merita un piccolo aneddoto. Mi raccontava infatti Luigi che gli era capitato, una volta, di aver trovato, in uno di quei mucchi in cui tutto è a un euro, una piccola silloge pubblicata in proprio da una poetessa di sua conoscenza. Quando lo disse all’autrice in questione, questa ebbe un momento di emozione, credendo che questo fosse un sintomo della circolazione del proprio libro (e del proprio verbo). Era stato emesso solo un piccolo particolare, cioè che all’interno di quella copia si leggeva una bella dedica, molto altisonante, dell’autrice a un noto poeta milanese, Gio Ferri: quello che era apparso il sintomo della circolazione di un libro, invece, era più semplicemente il repulisti che abitualmente certi intellettuali fanno nelle proprie librerie dei testi che considerando di impiccio. Anche questo, del resto, è un canale che alimenta questo commercio. Del resto anche a me, in tempi recenti, è capitato di vedere alcuni libri di una poetessa che avevo conosciuto, Delfina Provenzali, editi da Scheiwiller. Li avrei voluti acquistare in omaggio al ricordo di quell’incontro, oltre che in omaggio alla persona scomparsa, ma la presenza di incisioni originali ne aveva reso il prezzo proibitivo: era un libro da collezione, quello, quindi da mettere in una categoria diversa dal precedente.
Rimane comunque un mistero il criterio con cui i libri compaiono e scompaiono dal mercato, il loro riapparire a singhiozzo sulla piazza. Ci sono libri che girando in qualsiasi mercatino se ne rinviene almeno una copia, altri che invece latitano di continuo, oppure altri ancora che su internet trovi con molta facilità ma che non transitano sulle bancarelle dei mercati. Per rimanere a un ambito che mi è familiare (la storia dell’arte), questo è il caso delle opere di Roberto Longhi. Paradossalmente, è meno difficile trovare le opere complete di Longhi edite da Sansoni nella seconda metà degli anni ’70 piuttosto che alcuni titoli editi in Italia negli anni ’80 o, addirittura, quasi all’inizio degli anni ’90. Ad alcuni bisogna fare un appostamento per lungo tempo, attenderli pazientemente e poi, una volta avvistati, saltargli sopra come predatori con rapidità, in modo tale che la preda cartacea non abbia modo di fuggire via un’altra volta. È stato il caso, ad esempio, del San Francesco e l’invenzione delle stimmate, di Chiara Frugoni, oppure del bellissimo Casalesi del Cinquecento di Giovanni Romano. I miei amici mi hanno ripetuto per settimane che ormai io e “i casalesi” eravamo diventati una cosa sola, tanto il ritrovamento di quel libro era diventato per me un evento da sottolineare. Un’amica è arrivata a dirmi, alla fine, che dove passavo io non cresceva più l’erba, e forse aveva ragione, al punto che un’altra volta, quando un altro amico mi ha soffiato praticamente sotto il naso gli Studi sul paesaggio, sempre di Romano, e sempre Einaudi, la soddisfazione più grande è stata farmi notare che “adesso io ho un libro che tu non hai”! Per un accanito cacciatore di titoli è un affronto che vale una sfida, se non un duello all’ultimo sangue!
Si può anche fare un rilievo di segno opposto: in qualsiasi bancarella si sbirci anche solo per poco si troverà sempre (o quasi sempre) una copia de Il libro delle rupi di Ceram, un libro che ha avuto un certo successo, in passato, che forse ne giustifica la grande presenza fra i libri rari. È anche vero, però, che se si trova così spesso significa che i possessori se ne disfano.
Ci sono libri, insomma, con cui non si instaura quel feeling tale per cui da un certo libro non ci si riesce più a separare in nessun modo; con altri, invece, questo non accade. Molti libri, poi, vagano in modo inconsulto. Fra i più negletti, mi fa notare Luigi Giurdanella, ci sono i libri di poesia, la cui circolazione merita un piccolo aneddoto. Mi raccontava infatti Luigi che gli era capitato, una volta, di aver trovato, in uno di quei mucchi in cui tutto è a un euro, una piccola silloge pubblicata in proprio da una poetessa di sua conoscenza. Quando lo disse all’autrice in questione, questa ebbe un momento di emozione, credendo che questo fosse un sintomo della circolazione del proprio libro (e del proprio verbo). Era stato emesso solo un piccolo particolare, cioè che all’interno di quella copia si leggeva una bella dedica, molto altisonante, dell’autrice a un noto poeta milanese, Gio Ferri: quello che era apparso il sintomo della circolazione di un libro, invece, era più semplicemente il repulisti che abitualmente certi intellettuali fanno nelle proprie librerie dei testi che considerando di impiccio. Anche questo, del resto, è un canale che alimenta questo commercio. Del resto anche a me, in tempi recenti, è capitato di vedere alcuni libri di una poetessa che avevo conosciuto, Delfina Provenzali, editi da Scheiwiller. Li avrei voluti acquistare in omaggio al ricordo di quell’incontro, oltre che in omaggio alla persona scomparsa, ma la presenza di incisioni originali ne aveva reso il prezzo proibitivo: era un libro da collezione, quello, quindi da mettere in una categoria diversa dal precedente.
Rimane comunque un mistero il criterio con cui i libri compaiono e scompaiono dal mercato, il loro riapparire a singhiozzo sulla piazza. Ci sono libri che girando in qualsiasi mercatino se ne rinviene almeno una copia, altri che invece latitano di continuo, oppure altri ancora che su internet trovi con molta facilità ma che non transitano sulle bancarelle dei mercati. Per rimanere a un ambito che mi è familiare (la storia dell’arte), questo è il caso delle opere di Roberto Longhi. Paradossalmente, è meno difficile trovare le opere complete di Longhi edite da Sansoni nella seconda metà degli anni ’70 piuttosto che alcuni titoli editi in Italia negli anni ’80 o, addirittura, quasi all’inizio degli anni ’90. Ad alcuni bisogna fare un appostamento per lungo tempo, attenderli pazientemente e poi, una volta avvistati, saltargli sopra come predatori con rapidità, in modo tale che la preda cartacea non abbia modo di fuggire via un’altra volta. È stato il caso, ad esempio, del San Francesco e l’invenzione delle stimmate, di Chiara Frugoni, oppure del bellissimo Casalesi del Cinquecento di Giovanni Romano. I miei amici mi hanno ripetuto per settimane che ormai io e “i casalesi” eravamo diventati una cosa sola, tanto il ritrovamento di quel libro era diventato per me un evento da sottolineare. Un’amica è arrivata a dirmi, alla fine, che dove passavo io non cresceva più l’erba, e forse aveva ragione, al punto che un’altra volta, quando un altro amico mi ha soffiato praticamente sotto il naso gli Studi sul paesaggio, sempre di Romano, e sempre Einaudi, la soddisfazione più grande è stata farmi notare che “adesso io ho un libro che tu non hai”! Per un accanito cacciatore di titoli è un affronto che vale una sfida, se non un duello all’ultimo sangue!
mercoledì 20 giugno 2007
dall'Abruzzo
domenica 17 giugno 2007
Bibliomanie: IL POSSESSO DEL LIBRO
Nella bellissima biografia intellettuale dedicata ad Aby Warburg, Ernst Gombrich racconta che Warburg, figlio di banchieri ebrei, aveva rinunciato a gestire le imprese di famiglia per dedizione agli studi umanistici e allo studio della rinascita del classico nella cultura occidentale e che si fece promettere dal fratello minore un vitalizio che finanziasse in toto i suoi studi. Il grande storico della cultura (non solo storico dell’arte) si trovò quindi nella dorata situazione di poter acquistar tutti i libri che voleva, tutti gli strumenti di lavoro che necessitavano ai suoi studi, anche quelli più costosi e introvabili. Ne è nata una delle biblioteche private più grandi e più importanti, oggi presso il Courtald Istitut di Londra, per larga parte degli studi umanistici.
Sarebbe il sogno di qualsiasi studioso e di qualsiasi amante dei libri, ma fatto salvo di non essere la reincarnazione di Aby Warburg, a tutti gli altri ciò non è consentito. Per questa ragione si impongono delle scelte, si deve ponderare cosa si prende e a cosa si rinuncia. Ciascuno si impone il proprio criterio di selezione, che in parte è indicativo del proprio rapporto personale con l’oggetto libro.
In genere una regola aurea, per quanto paradossale, è che chi può permettersi di comprare i libri non ha bisogno di acquistarli, perché li riceve in omaggio, in visione ecc… mentre ai morti di fame, che devo industriarsi per trovare lo sconto al centesimo, non regala niente nessuno. Ricordo un articolo di Guido Ceronetti sul “Corriere della sera”, diversi anni fa, in cui lo scrittore affermava che ogni giorno il postino gli scaricava davanti casa montagne di carta e di pubblicazioni spedite da autori ed editori con la speranza di riceverne un momento di attenzione, un parere, un giudizio di lettura, se non addirittura una recensione, per cui si trova a non acquistare più di una ventina di libri in un anno.
per converso, gli studenti sono per statuto squattrinati cronici, ragione per cui le università notoriamente sono il paradiso della fotocopiatrice: non lo ritengo un atto di pirateria, quanto piuttosto un fatto fisiologico. Molti docenti si scagliano contro i testi studiati in fotocopia, specie se si tratta di contributi con apparati iconografici, ma tant’è che il più delle volte i libri sono fuori commercio, o a cifre improponibili, assolutamente poco democratiche: sulle forme del libro e sulle sue funzioni sociali bisognerà riflettere in un’altra occasione.
Sono tanti, dunque, i criteri che si mettono in mezzo fra il bibliofilo (non il lettore) e il libro. Per molti è determinante il fattore logistico: “non ho più spazio”, “non so più dove metterli”. Il bibliofilo vero in genere se ne frega di questi problemi: per un amico cartaceo in più uno spazietto si trova sempre, anche sotto il letto! Ogni spazio è buono per dare rifugio a un nuovo ospite. Per molti, invece, diventa un filtro di discernimento, per cui si prende solo “quello che serve”, con il corollario che il resto viene percepito come “di impiccio”. Credo sia una scelta che spesso tradisce una scarsa confidenza con l’oggetto libro, una scarsa coscienza del fatto che i testi possano tornare utili anche in futuro, oltre il momento specifico dell’utilità nell’immediato. Soprattutto, il non-possesso del libro rischia di portarsi dietro una non appropriazione del testo per l’impossibilità di depositarvi sopra la propria esperienza di lettura.
Più vincolante il fattore economico, legato ad un effettivo incremento dei prezzi di copertina, che porta a escogitare le tecniche e gli stratagemmi più strani, i più curiosi. Comprare un libro non è un semplice atto di compravendita, bensì deve essere una folgorazione sulla via di Damasco: si deve sentire quell’attrazione tale da non poter fare a meno di un certo volume. Ci sono titoli che si sono cercati a lungo, per i quali si sarebbe disposti a rubare, e per i quali non ci sono freni che tengono. In tutti gli altri casi, invece, si possono mettere in atto varie tecniche. Una di queste consiste nel fare la posta a un dato libro per un certo tempo: non lo si acquista subito, anzi dopo il primo avvistamento lo si lascia dov’è, al massimo se ne sfoglia qualche pagina e poi lo si ripone. Si misura così l’effetto del “distacco”: se si comincia a sentirne la mancanza, allora si ritorna e lo si porta a casa. Oppure ci si affida al Caso: se è destino, vorrà dire che prima o poi ci si incontrerà di nuovo. Se invece, tornando nello stesso luogo, si osserverà che qualcun altro ha già razziato la copia agognata, voleva dire che non era destino, o che verrà un’occasione più propizia in futuro. Un altro criterio, anch’esso efficacissimo a mio avviso, consiste invece nell’affidarsi ai numeri, vale a dire si prende in mano il libro, lo si apre a caso e si fa la somma delle cifre che compongono il numero di pagina sulla destra: se la somma è pari vuol dire che quel libro deve essere comprato, se è dispari invece va lasciato dov’è. Ovviamente si possono invertire i termini e fare altre combinazioni, purché siano stabilite le regole prima di iniziare. In genere è bene fare tre tentativi di fila, in modo tale da ottenere sempre una maggioranza assoluta. È un sistema più funzionale di quanto si creda.
È naturale, poi, che questi sistemi possano essere contaminati o mischiati, in modo tale da creare una lunga serie di sistemi ibridi. È altrettanto scontato che si tratta di tecniche di auto-convincimento, ma ribadiscono un principio basilare: non si compra un libro come si compra un chilo di pane!
Sarebbe il sogno di qualsiasi studioso e di qualsiasi amante dei libri, ma fatto salvo di non essere la reincarnazione di Aby Warburg, a tutti gli altri ciò non è consentito. Per questa ragione si impongono delle scelte, si deve ponderare cosa si prende e a cosa si rinuncia. Ciascuno si impone il proprio criterio di selezione, che in parte è indicativo del proprio rapporto personale con l’oggetto libro.
In genere una regola aurea, per quanto paradossale, è che chi può permettersi di comprare i libri non ha bisogno di acquistarli, perché li riceve in omaggio, in visione ecc… mentre ai morti di fame, che devo industriarsi per trovare lo sconto al centesimo, non regala niente nessuno. Ricordo un articolo di Guido Ceronetti sul “Corriere della sera”, diversi anni fa, in cui lo scrittore affermava che ogni giorno il postino gli scaricava davanti casa montagne di carta e di pubblicazioni spedite da autori ed editori con la speranza di riceverne un momento di attenzione, un parere, un giudizio di lettura, se non addirittura una recensione, per cui si trova a non acquistare più di una ventina di libri in un anno.
per converso, gli studenti sono per statuto squattrinati cronici, ragione per cui le università notoriamente sono il paradiso della fotocopiatrice: non lo ritengo un atto di pirateria, quanto piuttosto un fatto fisiologico. Molti docenti si scagliano contro i testi studiati in fotocopia, specie se si tratta di contributi con apparati iconografici, ma tant’è che il più delle volte i libri sono fuori commercio, o a cifre improponibili, assolutamente poco democratiche: sulle forme del libro e sulle sue funzioni sociali bisognerà riflettere in un’altra occasione.
Sono tanti, dunque, i criteri che si mettono in mezzo fra il bibliofilo (non il lettore) e il libro. Per molti è determinante il fattore logistico: “non ho più spazio”, “non so più dove metterli”. Il bibliofilo vero in genere se ne frega di questi problemi: per un amico cartaceo in più uno spazietto si trova sempre, anche sotto il letto! Ogni spazio è buono per dare rifugio a un nuovo ospite. Per molti, invece, diventa un filtro di discernimento, per cui si prende solo “quello che serve”, con il corollario che il resto viene percepito come “di impiccio”. Credo sia una scelta che spesso tradisce una scarsa confidenza con l’oggetto libro, una scarsa coscienza del fatto che i testi possano tornare utili anche in futuro, oltre il momento specifico dell’utilità nell’immediato. Soprattutto, il non-possesso del libro rischia di portarsi dietro una non appropriazione del testo per l’impossibilità di depositarvi sopra la propria esperienza di lettura.
Più vincolante il fattore economico, legato ad un effettivo incremento dei prezzi di copertina, che porta a escogitare le tecniche e gli stratagemmi più strani, i più curiosi. Comprare un libro non è un semplice atto di compravendita, bensì deve essere una folgorazione sulla via di Damasco: si deve sentire quell’attrazione tale da non poter fare a meno di un certo volume. Ci sono titoli che si sono cercati a lungo, per i quali si sarebbe disposti a rubare, e per i quali non ci sono freni che tengono. In tutti gli altri casi, invece, si possono mettere in atto varie tecniche. Una di queste consiste nel fare la posta a un dato libro per un certo tempo: non lo si acquista subito, anzi dopo il primo avvistamento lo si lascia dov’è, al massimo se ne sfoglia qualche pagina e poi lo si ripone. Si misura così l’effetto del “distacco”: se si comincia a sentirne la mancanza, allora si ritorna e lo si porta a casa. Oppure ci si affida al Caso: se è destino, vorrà dire che prima o poi ci si incontrerà di nuovo. Se invece, tornando nello stesso luogo, si osserverà che qualcun altro ha già razziato la copia agognata, voleva dire che non era destino, o che verrà un’occasione più propizia in futuro. Un altro criterio, anch’esso efficacissimo a mio avviso, consiste invece nell’affidarsi ai numeri, vale a dire si prende in mano il libro, lo si apre a caso e si fa la somma delle cifre che compongono il numero di pagina sulla destra: se la somma è pari vuol dire che quel libro deve essere comprato, se è dispari invece va lasciato dov’è. Ovviamente si possono invertire i termini e fare altre combinazioni, purché siano stabilite le regole prima di iniziare. In genere è bene fare tre tentativi di fila, in modo tale da ottenere sempre una maggioranza assoluta. È un sistema più funzionale di quanto si creda.
È naturale, poi, che questi sistemi possano essere contaminati o mischiati, in modo tale da creare una lunga serie di sistemi ibridi. È altrettanto scontato che si tratta di tecniche di auto-convincimento, ma ribadiscono un principio basilare: non si compra un libro come si compra un chilo di pane!
venerdì 8 giugno 2007
vecchi disegni
mercoledì 6 giugno 2007
è vero, è un po' che trascuro questo blog...sto diventando una persona "impegnata" e faccio fatica a stargli dietro, o forse è che siamo a giugno, e la stanchezza di un anno si è accumulata e non ho voglia di far niente, o quasi niente: guardo le cose da fare, mi schifo e finisce che accendo la televisione, dite che sia una mania grave?
Ieri poi ho avuto un'ora di tortura dal dentista: aveva previsto una pulizia dei denti, ma nessuno dei due si aspettava che in una settimana mi si rompesse un dente e che dovesse incapsularlo. Sta di fatto che è stato lì per un'ora ad armeggiare dentro la mia bocca. "Mi ha fatto una bella sorpresa sa?" e io: "Guardi, non l'ho fatto apposta!!!".
Ad ogni modo pare che l'idillio fra me e il mio dentista, con cadenza settimanale, durerà fino ai primi di luglio....che culo!!!
Ieri poi ho avuto un'ora di tortura dal dentista: aveva previsto una pulizia dei denti, ma nessuno dei due si aspettava che in una settimana mi si rompesse un dente e che dovesse incapsularlo. Sta di fatto che è stato lì per un'ora ad armeggiare dentro la mia bocca. "Mi ha fatto una bella sorpresa sa?" e io: "Guardi, non l'ho fatto apposta!!!".
Ad ogni modo pare che l'idillio fra me e il mio dentista, con cadenza settimanale, durerà fino ai primi di luglio....che culo!!!
venerdì 1 giugno 2007
Barza
questa mi è arrivata via mail da Ste', la riciclo subito!!!
Un uomo d'affari è in volo per New York ed è seduto vicino ad una bionda stupenda, quando si accorge che la donna sta leggendo un Manuale di Statistica Sessuale.
Incuriosito chiede di cosa si tratti.
"E' un libro molto interessante" dice la bionda.
"Lo sapeva lei che gli Arabi hanno il pene più lungo, mentre ai Lombardi spetta il primato del maggior diametro? Comunque io mi chiamo Janet, e lei?"
"Mohammed Brambilla, molto piacere".
Un uomo d'affari è in volo per New York ed è seduto vicino ad una bionda stupenda, quando si accorge che la donna sta leggendo un Manuale di Statistica Sessuale.
Incuriosito chiede di cosa si tratti.
"E' un libro molto interessante" dice la bionda.
"Lo sapeva lei che gli Arabi hanno il pene più lungo, mentre ai Lombardi spetta il primato del maggior diametro? Comunque io mi chiamo Janet, e lei?"
"Mohammed Brambilla, molto piacere".
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