lunedì 30 aprile 2007
di ritorno da L'Aquila (sigh)
Dall'affollamento di commenti che si è creato in questa settimana di mia assenza noto che vi sono davvero mancato!
Va bhè, in ogni caso ora sono di nuovo qua, anche questa sortita aquilana è terminata. Vi starete domandando (credo), cosa ci vada a fare in Abruzzo, bene, vi accontento subito. La foto qui sopra è l'oggetto delle mie sortite abruzzesi: un polittico che si trovava nella parrocchiale di Campo di Giove, smembrato e disperso nel 1902.... Dopo un anno l'ho ricomposto quasi tutto, ed ho anche trovato la statua che era conservata al suo interno!
I dettagli alla prossima....
sabato 21 aprile 2007
mercoledì 18 aprile 2007
I primitivi facevano la spesa?
venerdì 13 aprile 2007
ricordo di un'insegnante di religione
Ricevo da Claudia, intorno alle due di questo caldo pomeriggio di metà aprile, un gelido sms: "è morta Tiziana Cirillo mentre allattava la sua bimba". Ne resto agghiacciato, ancor più quando vengo a sapere che aveva trentasei anni.
Era stata l'insegnante di religione della nostra classe gli ultimi due anni di liceo: una persona molto dolce, mite, minutina, con una cascata di capelli ricci, sempre sorridente, con un certo accento aprtenopeo.
la prima volta che entrò nella nostra classe (eravamo in otto a fare religione) era passata meno di una settimana dal fattaccio delle Torri Gemelle, che era ovviamente l'argomento di discussione all'ordine del giorno anche nelle scuole. Eravamo in un'aula di figura del seminterrato, tutti sui trespoli e senza banchi. Ricordo che per fare un po' di dibattito ci portò due editoriali di quotidiano, per avere degli argomenti di discussione: uno da "Repubblica" l'altro da "L'Unità"; in un primo momento la cosa mi sconcertò parecchio (ancor più quando lessi io l'articolo da "L'Unità" ad alta voce per la classe!).
Come insegnante di religione forse non era del tutto ortodossa, dal mio punto di vista: alcuni elementi del suo insegnamento non li condividevo molto, perchè mi dava l'impressione che nel dibattito non entrasse mai in un certo senso il "punto di vista di Dio", mentre si leggevano degli stralci (deliranti) da scritti di Galimberti, di Gibran, di Hesse. Gibran non mi ha mai ispirato, Herman Hesse da quell'anno mi divenne indigesto. Alla fine della quarta, in conclusione, decisi di chiedere anche io l'esonero dall'ora di religione, ma senza rancore.
Credo ci sia rimasta un po' male, ma non l'ha dato a vedere, senza perdere nei confronti di nessuno un sorriso fresco: mai inacidita, mai una cattiveria. A pensarci ora, in fondo aveva circa solo tredici anni più di noi, quindi poteva essere la sorella maggiore che faceva la terza media l'anno che siamo nati.
Me ne rimane un pensiero che aveva esternato una volta, non so per quale motivo, e che mi è rimasto molto impresso. Quando aveva la nostra età, ci raccontava, anche lei si era allontanata dalla fede, per una forma di ribellione e di rifiuto verso la gerarchia ecclesiastica, con una forte ricaduta sull'adesione al credo. Presa da curiosità, però, un giorno decise di cominciare a frequentare la messa: andava alle celebrazioni ma non partecipava, come una uditrice esterna che va in chiesa ad assistere a uno spettacolo, come una turista della liturgia. Poco alla volta, però, quella curiosa abitudine aveva prpearato il terreno per la conversione del cuore e al ritorno a Dio, di cui la scelta di insegnare religione faceva da corollario.
ripensandoci a distanza, già questo è un insegnamento non indifferente, esemplare per quanto, sotto altri profili, con il portato di un approccio eterodosso. Tuttavia, me ne rimane questa immagine molto nitida.
So che si è sposata, in seguito, e che aveva una bambina piccola, quando il Padre l'ha chiamata alla sua Casa.
Era stata l'insegnante di religione della nostra classe gli ultimi due anni di liceo: una persona molto dolce, mite, minutina, con una cascata di capelli ricci, sempre sorridente, con un certo accento aprtenopeo.
la prima volta che entrò nella nostra classe (eravamo in otto a fare religione) era passata meno di una settimana dal fattaccio delle Torri Gemelle, che era ovviamente l'argomento di discussione all'ordine del giorno anche nelle scuole. Eravamo in un'aula di figura del seminterrato, tutti sui trespoli e senza banchi. Ricordo che per fare un po' di dibattito ci portò due editoriali di quotidiano, per avere degli argomenti di discussione: uno da "Repubblica" l'altro da "L'Unità"; in un primo momento la cosa mi sconcertò parecchio (ancor più quando lessi io l'articolo da "L'Unità" ad alta voce per la classe!).
Come insegnante di religione forse non era del tutto ortodossa, dal mio punto di vista: alcuni elementi del suo insegnamento non li condividevo molto, perchè mi dava l'impressione che nel dibattito non entrasse mai in un certo senso il "punto di vista di Dio", mentre si leggevano degli stralci (deliranti) da scritti di Galimberti, di Gibran, di Hesse. Gibran non mi ha mai ispirato, Herman Hesse da quell'anno mi divenne indigesto. Alla fine della quarta, in conclusione, decisi di chiedere anche io l'esonero dall'ora di religione, ma senza rancore.
Credo ci sia rimasta un po' male, ma non l'ha dato a vedere, senza perdere nei confronti di nessuno un sorriso fresco: mai inacidita, mai una cattiveria. A pensarci ora, in fondo aveva circa solo tredici anni più di noi, quindi poteva essere la sorella maggiore che faceva la terza media l'anno che siamo nati.
Me ne rimane un pensiero che aveva esternato una volta, non so per quale motivo, e che mi è rimasto molto impresso. Quando aveva la nostra età, ci raccontava, anche lei si era allontanata dalla fede, per una forma di ribellione e di rifiuto verso la gerarchia ecclesiastica, con una forte ricaduta sull'adesione al credo. Presa da curiosità, però, un giorno decise di cominciare a frequentare la messa: andava alle celebrazioni ma non partecipava, come una uditrice esterna che va in chiesa ad assistere a uno spettacolo, come una turista della liturgia. Poco alla volta, però, quella curiosa abitudine aveva prpearato il terreno per la conversione del cuore e al ritorno a Dio, di cui la scelta di insegnare religione faceva da corollario.
ripensandoci a distanza, già questo è un insegnamento non indifferente, esemplare per quanto, sotto altri profili, con il portato di un approccio eterodosso. Tuttavia, me ne rimane questa immagine molto nitida.
So che si è sposata, in seguito, e che aveva una bambina piccola, quando il Padre l'ha chiamata alla sua Casa.
Sgarbi, Caldarola, e tutto il resto
Dunque, accontento la richiesta di Lav e metto due foto di Sgarbi, per vostra gioia. Devo però fare due note di "contesto". Dunque, intanto mi trovato a Caldarola per questa mostra: "Simone De Magistris" un pittore manierista marchigiano (di Caldarola appunto) del secondo Cinquecento:
Altro punto: perchè farsi quattro ore di macchina per vedersi una mostra su questo qui? Semplice, per solidarietà nei confronti di questo personaggio qui sotto:
questo è Antonio, il mio "capo" della rivista della Libreria Bocca, con cui collaboro dal 2004, oltre che un caro amico. Bene, sostanzialmente lui era nel comitato scientifico della mostra, in quanto è uno studioso del secondo Cinquecento, specie legate alle committenze degli ordini religiosi (in questo caso ha studiato il cardinale Evangelista Pallotta, committente del De Magistris, e ha ritrovato questo dipinto che vedete nella foto, ancora inedito, per la prima volta attribuito a questo pittore). Curatore/prestanome della mostra, appunto, Sgarbi, che ha fatto un breve (e delirante) discorso di inaugurazione, eccolo qui:
se volete in una prossima puntata vi presento il resto della brigata di questa missione caldarolese pre-pasquale....
Altro punto: perchè farsi quattro ore di macchina per vedersi una mostra su questo qui? Semplice, per solidarietà nei confronti di questo personaggio qui sotto:
questo è Antonio, il mio "capo" della rivista della Libreria Bocca, con cui collaboro dal 2004, oltre che un caro amico. Bene, sostanzialmente lui era nel comitato scientifico della mostra, in quanto è uno studioso del secondo Cinquecento, specie legate alle committenze degli ordini religiosi (in questo caso ha studiato il cardinale Evangelista Pallotta, committente del De Magistris, e ha ritrovato questo dipinto che vedete nella foto, ancora inedito, per la prima volta attribuito a questo pittore). Curatore/prestanome della mostra, appunto, Sgarbi, che ha fatto un breve (e delirante) discorso di inaugurazione, eccolo qui:
se volete in una prossima puntata vi presento il resto della brigata di questa missione caldarolese pre-pasquale....
mercoledì 11 aprile 2007
ancora cappotti...prima del cambio di stagione!
martedì 10 aprile 2007
birilli (non miei)
domenica 8 aprile 2007
Messaggio Urbi et Orbi
Fratelli e sorelle del mondo intero,
uomini e donne di buona volontà!
Cristo è risorto! Pace a voi! Si celebra oggi il grande mistero, fondamento della fede e della speranza cristiana: Gesù di Nazaret, il Crocifisso, è risuscitato dai morti il terzo giorno, secondo le Scritture. L’annuncio dato dagli angeli, in quell’alba del primo giorno dopo il sabato, a Maria di Magdala e alle donne accorse al sepolcro, lo riascoltiamo oggi con rinnovata emozione: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato!" (Lc 24,5-6).
Non è difficile immaginare quali fossero, in quel momento, i sentimenti di queste donne: sentimenti di tristezza e sgomento per la morte del loro Signore, sentimenti di incredulità e stupore per un fatto troppo sorprendente per essere vero. La tomba però era aperta e vuota: il corpo non c’era più. Pietro e Giovanni, avvertiti dalle donne, corsero al sepolcro e verificarono che esse avevano ragione. La fede degli Apostoli in Gesù, l’atteso Messia, era stata messa a durissima prova dallo scandalo della croce. Durante il suo arresto, la sua condanna e la sua morte si erano dispersi, ed ora si ritrovavano insieme, perplessi e disorientati. Ma il Risorto stesso venne incontro alla loro incredula sete di certezze. Non fu sogno, né illusione o immaginazione soggettiva quell’incontro; fu un’esperienza vera, anche se inattesa e proprio per questo particolarmente toccante. "Venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»" (Gv 20,19).
A quelle parole, la fede quasi spenta nei loro animi si riaccese. Gli Apostoli riferirono a Tommaso, assente in quel primo incontro straordinario: Sì, il Signore ha compiuto quanto aveva preannunciato; è veramente risorto e noi lo abbiamo visto e toccato! Tommaso però rimase dubbioso e perplesso. Quando Gesù venne una seconda volta, otto giorni dopo nel Cenacolo, gli disse: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". La risposta dell’Apostolo è una commovente professione di fede: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,27-28).
"Mio Signore e mio Dio"! Rinnoviamo anche noi la professione di fede di Tommaso. Come augurio pasquale, quest’anno, ho voluto scegliere proprio le sue parole, perché l’odierna umanità attende dai cristiani una rinnovata testimonianza della risurrezione di Cristo; ha bisogno di incontrarlo e di poterlo conoscere come vero Dio e vero Uomo. Se in questo Apostolo possiamo riscontrare i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di oggi, le paure e le delusioni di innumerevoli nostri contemporanei, con lui possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata la fede in Cristo morto e risorto per noi. Questa fede, tramandata nel corso dei secoli dai successori degli Apostoli, continua, perché il Signore risorto non muore più. Egli vive nella Chiesa e la guida saldamente verso il compimento del suo eterno disegno di salvezza.
Ciascuno di noi può essere tentato dall’incredulità di Tommaso. Il dolore, il male, le ingiustizie, la morte, specialmente quando colpiscono gli innocenti - ad esempio, i bambini vittime della guerra e del terrorismo, delle malattie e della fame - non mettono forse a dura prova la nostra fede? Eppure paradossalmente, proprio in questi casi, l’incredulità di Tommaso ci è utile e preziosa, perché ci aiuta a purificare ogni falsa concezione di Dio e ci conduce a scoprirne il volto autentico: il volto di un Dio che, in Cristo, si è caricato delle piaghe dell’umanità ferita. Tommaso ha ricevuto dal Signore e, a sua volta, ha trasmesso alla Chiesa il dono di una fede provata dalla passione e morte di Gesù e confermata dall’incontro con Lui risorto. Una fede che era quasi morta ed è rinata grazie al contatto con le piaghe di Cristo, con le ferite che il Risorto non ha nascosto, ma ha mostrato e continua a indicarci nelle pene e nelle sofferenze di ogni essere umano.
"Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,24), è questo l’annuncio che Pietro rivolgeva ai primi convertiti. Quelle piaghe, che per Tommaso erano dapprima un ostacolo alla fede, perché segni dell’apparente fallimento di Gesù; quelle stesse piaghe sono diventate, nell’incontro con il Risorto, prove di un amore vittorioso. Queste piaghe che Cristo ha contratto per amore nostro ci aiutano a capire chi è Dio e a ripetere anche noi: "Mio Signore e mio Dio". Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di fede.
Quante ferite, quanto dolore nel mondo! Non mancano calamità naturali e tragedie umane che provocano innumerevoli vittime e ingenti danni materiali. Penso a quanto è avvenuto di recente in Madagascar, nelle Isole Salomone, in America Latina e in altre Regioni del mondo. Penso al flagello della fame, alle malattie incurabili, al terrorismo e ai sequestri di persona, ai mille volti della violenza - talora giustificata in nome della religione - al disprezzo della vita e alla violazione dei diritti umani, allo sfruttamento della persona. Guardo con apprensione alla condizione in cui si trovano non poche regioni dell’Africa: nel Darfur e nei Paesi vicini permane una catastrofica e purtroppo sottovalutata situazione umanitaria; a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, gli scontri e i saccheggi delle scorse settimane fanno temere per il futuro del processo democratico congolese e per la ricostruzione del Paese; in Somalia la ripresa dei combattimenti allontana la prospettiva della pace e appesantisce la crisi regionale, specialmente per quanto riguarda gli spostamenti della popolazione e il traffico di armi; una grave crisi attanaglia lo Zimbabwe, per la quale i Vescovi del Paese, in un loro recente documento, hanno indicato come unica via di superamento la preghiera e l’impegno condiviso per il bene comune.
Di riconciliazione e di pace ha bisogno la popolazione di Timor Est, che si appresta a vivere importanti scadenze elettorali. Di pace hanno bisogno anche lo Sri Lanka, dove solo una soluzione negoziata porrà fine al dramma del conflitto che lo insanguina, e l’Afghanistan, segnato da crescente inquietudine e instabilità. In Medio Oriente, accanto a segni di speranza nel dialogo fra Israele e l’Autorità palestinese, nulla di positivo purtroppo viene dall’Iraq, insanguinato da continue stragi, mentre fuggono le popolazioni civili; in Libano lo stallo delle istituzioni politiche minaccia il ruolo che il Paese è chiamato a svolgere nell’area mediorientale e ne ipoteca gravemente il futuro. Non posso infine dimenticare le difficoltà che le comunità cristiane affrontano quotidianamente e l’esodo dei cristiani dalla Terra benedetta che è la culla della nostra fede. A quelle popolazioni rinnovo con affetto l’espressione della mia vicinanza spirituale.
Cari fratelli e sorelle, attraverso le piaghe di Cristo risorto possiamo vedere questi mali che affliggono l’umanità con occhi di speranza. Risorgendo, infatti, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice con la sovrabbondanza della sua Grazia. Alla prepotenza del Male ha opposto l’onnipotenza del suo Amore. Ci ha lasciato come via alla pace e alla gioia l’Amore che non teme la morte. "Come io vi ho amato - ha detto agli Apostoli prima di morire -, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34).
Fratelli e sorelle nella fede, che mi ascoltate da ogni parte della terra! Cristo risorto è vivo tra noi, è Lui la speranza di un futuro migliore. Mentre con Tommaso diciamo: "Mio Signore e mio Dio!", risuoni nel nostro cuore la parola dolce ma impegnativa del Signore: "Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12,26). Ed anche noi, uniti a Lui, disposti a spendere la vita per i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventiamo apostoli di pace, messaggeri di una gioia che non teme il dolore, la gioia della Risurrezione. Ci ottenga questo dono pasquale Maria, Madre di Cristo risorto. Buona Pasqua a tutti!
martedì 3 aprile 2007
Buona Pasqua
"Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto" (Giovanni 19,37)
Anche se con un po' di anticipo, mi porto avanti e porgo a tutti i miei migliori auguri per la Santa Pasqua a tutti
a presto
Luca
PS: per i curiosi che vogliono sapere da dove viene questa figura...glielo dico dopo le feste. Anzi, se qualcuno si vuole buttare...
lunedì 2 aprile 2007
2 aprile 2005-2 aprile 2007 a fine processo per la beatificazione del servo di Dio Giovanni Paolo II
Lo Spirito Santo è l’autore della nostra santificazione: egli trasforma l’uomo nel suo intimo, lo divinizza, lo rende partecipe della natura divina (cfr. 2Pt 1,4), come il fuoco rende incandescente il metallo, come l’acqua sorgiva disseta: “fons vivus, ignis, caritas”. La grazia è comunicata dallo Spirito Santo per il tramite dei sacramenti, che accompagnano l’uomo durante tutto l’arco della sua esistenza. E, mediante la grazia, egli diventa il dolce ospite dell’anima: “dulcis hospes animae”; inabita nel nostro cuore; è l’animatore delle energie segrete, delle scelte coraggiose, della fedeltà incrollabile. Egli ci fa vivere nell’abbondanza della vita: della stessa vita divina.
E proprio per questa sollecitudine circa l’abbondanza della vita Cristo rivela se stesso come Buon Pastore delle anime umane: Pastore che prevede l’avvenire definitivo dell’uomo in Dio; Pastore che conosce le sue pecore (cfr. Gv 10,14) fino al fondo stesso della verità interiore dell’uomo, il quale può parlare di se stesso con le parole di sant’Agostino: “Inquieto è il mio cuore, finché non riposi in Te” (cfr. S. Agostino, Confessiones I, 1).Giovanni Paolo II
Regina Coeli, 10 maggio 1981
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