lunedì 26 febbraio 2007
"io speriamo che me la cavo"
Recupero una mail che ho ricevuto di recente da un'amica, Cinzia, che insegna in una scuola professionale per parrucchiere. In una puntata precedente "Sai il participio passato di cogliere?" "Cogliuto!"
Le shampy mi massacrano.... la sai l'ultima sulla pala montefeltro del
grande piero? "No prof, ma quella cosa lì che pende dalla conchiglia
cos'è, una lampadina? " ... è già buona che non l'hanno confusa con la corda
dello sciacquone... E ancora, stesso quadro stessa ingiuria: "ma il bambino è
morto?" "no" "ah, però è ferito" "no" "e allora il sangue che ha sul collo?"...
E ancora: esercizio sui verbi. "Nel focolare bruciava un ceppo di pino.
Dov'è il verbo?" "Focolare!" "....???! Già... io focolo, tu focoli, egli focola" "bhè, ma finisce in are, no?"
domenica 25 febbraio 2007
Appunti pendolari: parte prima e seconda
Comincio a proporre degli appunti sparsi di questi anni da universitario pendolare. Trovo che l'abitudine di prendere appunti in treno sulle persone che cmi stanno intorno, con le loro abitudini, i loro aspetti di costume e di "colore", i frammenti di dialogo, sia una cosa utile, oltre che molto divertente. Comincio a postarne un paio (in tutto sono cinque). Più avanti ne pubblicherò altri.
I.
Il treno e i mezzi di trasporto in genere offrono uno spaccato di varia umanità degno di nota. Per i lacerti che se ne possono registrare con la scrittura, merita rimettere su carta, episodicamente, questa realtà.
Il treno sembra vomitare a ondate regolari gente che si riversa nel ventre della città. È solo un istante, dopo il quale tutto si ferma di nuovo, fino all’ondata successiva. Ogni quarto d’ora, o forse molto meno, il flusso riprende, come se un comune, meccanico orologio muovesse il tutto all’unisono, mentre una serie di esistenze si intrecciano ma non si incontrano, si sfiorano inconsapevolmente, ma forse anche semplicemente con disinteresse, salvo qualche fortuito intervento del caso.
Una volta un docente universitaria che teneva un esaltante corso di antropologia ci esortò a osservare la gente in metropolitana per osservare la differenza di sesso correlata alla conformazione scheletrica del cranio. Effettivamente si ha un riscontro curioso nel verificare quante varianti del modello si possano presentare, con segni più o meno marcati. Ma quello che più colpisce è un’ampia fascia intermedia costituita da caratteri peculiarmente indeterminati, non in tutto rispondenti allo schema…. È una cosa che fa pensare e che, ancor di più, offre una singolarissima casistica che appaga la pura curiosità enciclopedia.
II.
Davanti a me c’è una tizia veramente buffa. Non bella e non vecchia, non magra, vestita di pelle nera con un delicato girocollo dal motivo a foglie che la strangola e pare stringersi intorno al collo a vista d’occhio, premendo mollemente sulla carne.
Di fianco un altro elemento comico: una signora un po’ attempata, bassina, capelli corti tinti di un rosso fiammante, vestita in jeans, giacchetta e gonna corta, con delle belle calze a rete volte al contenimento di due bei insaccati… ma dove va una conciata così alle otto del mattino?!?!
Di rigore l’ombrello (con questa primavera, non si sa mai!); ma quello che mi colpisce di più è un anello di bigiotteria molto appariscente, dalla montatura argentata, recante tanto di “patacca” bianca al centro.
I.
Il treno e i mezzi di trasporto in genere offrono uno spaccato di varia umanità degno di nota. Per i lacerti che se ne possono registrare con la scrittura, merita rimettere su carta, episodicamente, questa realtà.
Il treno sembra vomitare a ondate regolari gente che si riversa nel ventre della città. È solo un istante, dopo il quale tutto si ferma di nuovo, fino all’ondata successiva. Ogni quarto d’ora, o forse molto meno, il flusso riprende, come se un comune, meccanico orologio muovesse il tutto all’unisono, mentre una serie di esistenze si intrecciano ma non si incontrano, si sfiorano inconsapevolmente, ma forse anche semplicemente con disinteresse, salvo qualche fortuito intervento del caso.
Una volta un docente universitaria che teneva un esaltante corso di antropologia ci esortò a osservare la gente in metropolitana per osservare la differenza di sesso correlata alla conformazione scheletrica del cranio. Effettivamente si ha un riscontro curioso nel verificare quante varianti del modello si possano presentare, con segni più o meno marcati. Ma quello che più colpisce è un’ampia fascia intermedia costituita da caratteri peculiarmente indeterminati, non in tutto rispondenti allo schema…. È una cosa che fa pensare e che, ancor di più, offre una singolarissima casistica che appaga la pura curiosità enciclopedia.
II.
Davanti a me c’è una tizia veramente buffa. Non bella e non vecchia, non magra, vestita di pelle nera con un delicato girocollo dal motivo a foglie che la strangola e pare stringersi intorno al collo a vista d’occhio, premendo mollemente sulla carne.
Di fianco un altro elemento comico: una signora un po’ attempata, bassina, capelli corti tinti di un rosso fiammante, vestita in jeans, giacchetta e gonna corta, con delle belle calze a rete volte al contenimento di due bei insaccati… ma dove va una conciata così alle otto del mattino?!?!
Di rigore l’ombrello (con questa primavera, non si sa mai!); ma quello che mi colpisce di più è un anello di bigiotteria molto appariscente, dalla montatura argentata, recante tanto di “patacca” bianca al centro.
giovedì 22 febbraio 2007
intorno a un principio di forma
questo è un dipinto che è rimasto a metà per quasi tre anni: ne avevo fatto il disegno e non mi ero mai deciso a dipingerlo. Alla fine ho ceduto perchè a mia madre piaceva tanto e desiderava che lo finissi, quindi mi ci sono messo in maniera aggressiva è l'ho portato a termine, poi l'ho regalato a lei.
Devo dire che ne sono piuttosto soddisfatto: come forma mi è piaciuta da subito, dal primo schizzo che ne ho fatto, mi pare, nell'estate del 2003. Da allora mi riproponevo di farne un dipinto, ma poi mi inibiva il fatto che, attribuendogli una certa importanza dentro un percorso "formativo", tenevo particolarmente che venisse bene. Ritenevo quindi che mi ci volesse un momento di calma, di tranquillità assoluta per dedicarmici con impegno e cocnentrazione, insomma uno stato di grazia di quelli che non arrivano mai!!!
Alla fine mi sono imposto che dovevo finirlo, e così è stato. Mi si poneva con una certa urgenza un problema "narrativo", cioè di evitare di fare di questa forma una natura morta, considerando la facilità con cui questa forma rischia di somigliare ad un oggetto di arredamento, ad un vaso con una forma strana.
Nelle intenzioni, invece, volevo fosse una forma organica, metamorfica, come ripiegata su sè stessa ma al tempo stesso aperta in un urlo: un urlo che esce da quella corolla floreale alla sua estremità superiore.
.
Con questo, però, non volevo nemmeno insistere troppo su uno stile espressionista troppo libero, troppo sciolto, troppo mosso, perchè non mi sembra congeniale a questo repertorio di forme. Credo infatti che una maniera sintetica, di pennellata larga, si confaccia ad una trasformazione (e deformazione") del reale, o a certe forme di astrattismo che indugiano verso la gestualità. NOn funziona, invece, quando c'è già una ricerca di forme strutturate come sono queste: sarebbe un filtro che complica la lettura della forma e, di conseguenza, la sua comprensione. Insomma, gelare la forma in un disegno nitido, cristallino, mi serviva a dare una leggibilità chiara alla composizione: senza temevo che il tutto potesse essere ancora più difficile da comprendere, perdendo di valori "tattili". Con tutto ciò, comunque, guardando nel dettaglio si noterà che non si tratta di una ricerca di iperrealismo, ma di una pittura che vuole comunque mantenere dei margini di "spontaneità" pittorica, sebbene molto castigata
mercoledì 21 febbraio 2007
STAGIONI
Mario Rigoni Stern, Stagioni, Torino, Einaudi, 2006
Ma quando finisce l’inverno? È una domanda che nei giorni di fine marzo mi sento fare dai giovani, o anche dai vecchi che conservano poca memoria. Sì, nevica,di notte andiamo abbondantemente sotto lo zero e in casa accendiamo il fuoco nelle stufe. È però sufficiente un giorno di sole e i prati ritornano verdi perché la terra è in amore. La primavera è sempre bianco-verde; se non è per la neve, come da noi, è per i fiori dei ciliegi sulle colline ai piedi delle montagne.
p. 34
È un libro di frammenti, di scritti sparsi riuniti secondo un criterio stagionale. Nelle quattro sezioni del libro, infatti, sono riuniti brani che abbiano una certa attinenza con una stagione piuttosto che con un’altra. Ovviamente, il piano in cui vanno lette le stagioni è doppio: stagioni della natura ma anche stagioni della vita, con un forte ancoraggio al tempo in cui il tempo delle stagioni scandiva la vita umana con i ritmi della natura e gli usi ad essa correlati. Le stagioni, poi, sono anche metafora delle stagioni della vita, e non è un caso che il libro si chiuda con l’autunno, la stagione della decadenza prima del grande freddo.
C’è un filo conduttore di fondo legato al vissuto personale dell’autore e alle tradizioni della montagna, mischiando il tempo della memoria e l’esperienza panica della natura: i frammenti dell’inverno sono dedicati in gran parte alla campagna di Russia (la grande protagonista del suo libro più famoso, Il sergente nella neve); l’autunno, invece, è la stagione della caccia per eccellenza. Il passo delle stagioni, insomma, è in buona parte segnato dagli eventi della natura. Su tutto, comunque, un grande, innamorato inno alla montagna.
Non è un libro che si legge come un romanzo, ma che si legge a singhiozzo, perché ogni scritto è a sé stante, autonomo e compiuto in sé, e si apprezza per la bellezza della scrittura. Aveva ragione una persona che incontrai in treno, di ritorno da Firenze, quando notava che è un libro che si può interrompere e riprendere in ogni momento senza perdere il filo, in quanto ogni paragrafo è godibile in sé. Lo stesso concetto è estendibile aggiungendo che è un libro che si può iniziare da qualsiasi punto, senza che sia necessaria una sequenzialità della lettura: qualsiasi brano può essere il primo. Allo stesso tempo, nulla vieta di leggere ogni volta un brano per ogni stagione, e via dicendo. Insomma, rimane validissimo il “diritto di spizzicare” di cui parlava Pennac.
Al mattino gli stagni degli abbeveratoi sono velati dal ghiaccio e nelle zone in ombra la brina giorno dopo giorno aumenta la sua consistenza. Uno sparo lontano ti farà ricordare che il tempo della caccia sta per finire. Forse era in un capanno dove si erano posate le cesene; su quel lepre che poco prima hai seguito con la voce dei segugi: andavano per boschi e dossi e sentivi i cani ora vicini ora lontani; spegnersi, poi riprendere. Allora, con questo “suonar di bracchetti” ti accorgi anche di altri suoni: un sommesso e flautato zufolare di ciuffolotti confidenti sugli apici del bosco, la voce di un pettirosso dentro un cespuglio di rosa canina, un corvo imperiale solitario che vola alto e richiama la compagna che era rimasta indietro, la corsa di un capriolo e un suono di campagne che il bel tempo ti porta da ponente.
Così una dolce malinconia ti prende, la melanconia dell’autunno, e sotto un larice, all’asciutto, cerchi anche tu un luogo dove accucciarti per meditare sulle stagioni della tua vita e sull’esistenza che corre via con i ricordi che diventano preghiera di ringraziamento per la vita che hai avuto e per i doni che la natura ti elargisce.
Una mattina di dicembre vedrai il cielo uniformemente grigio, le montagne dentro le nuvole, i boschi più scuri e, da una catasta di legna, schizzar via lo scricciolo. Il suo campanellino d’argento ti dirà la prossima neve.pp. 138-139
domenica 18 febbraio 2007
ANGELUS
L'Angelus di Benedetto XVI di questa domenica, ascoltato poco fa, mi pare molto bello. Per questo, con qualche piccolo taglio, lo riporto per intero: ha quel carattere di sintesi densa e compendiosa che si trova in molti scritti di questo papa.
Il Vangelo di questa domenica contiene una delle parole più tipiche e forti della predicazione di Gesù: "Amate i vostri nemici" (Lc 6,27). E’ tratta dal Vangelo di Luca, ma si trova anche in quello di Matteo (5,44), nel contesto del discorso programmatico che si apre con le famose "Beatitudini". Gesù lo pronunciò in Galilea, all’inizio della sua vita pubblica: quasi un "manifesto" presentato a tutti, sul quale Egli chiede l’adesione dei suoi discepoli, proponendo loro in termini radicali il suo modello di vita. Ma qual è il senso di questa sua parola? Perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè un amore che eccede le capacità umane? In realtà, la proposta di Cristo è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo "di più" viene da Dio: è la sua misericordia, che si è fatta carne in Gesù e che sola può "sbilanciare" il mondo dal male verso il bene, a partire da quel piccolo e decisivo "mondo" che è il cuore dell’uomo.
Giustamente questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" (cfr Lc 6,29) – ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia. Si comprende allora che la nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della "rivoluzione cristiana", una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico. La rivoluzione dell’amore, un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei "piccoli", che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita.
Il Vangelo di questa domenica contiene una delle parole più tipiche e forti della predicazione di Gesù: "Amate i vostri nemici" (Lc 6,27). E’ tratta dal Vangelo di Luca, ma si trova anche in quello di Matteo (5,44), nel contesto del discorso programmatico che si apre con le famose "Beatitudini". Gesù lo pronunciò in Galilea, all’inizio della sua vita pubblica: quasi un "manifesto" presentato a tutti, sul quale Egli chiede l’adesione dei suoi discepoli, proponendo loro in termini radicali il suo modello di vita. Ma qual è il senso di questa sua parola? Perché Gesù chiede di amare i propri nemici, cioè un amore che eccede le capacità umane? In realtà, la proposta di Cristo è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo "di più" viene da Dio: è la sua misericordia, che si è fatta carne in Gesù e che sola può "sbilanciare" il mondo dal male verso il bene, a partire da quel piccolo e decisivo "mondo" che è il cuore dell’uomo.
Giustamente questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" (cfr Lc 6,29) – ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia. Si comprende allora che la nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della "rivoluzione cristiana", una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico. La rivoluzione dell’amore, un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei "piccoli", che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita.
sabato 17 febbraio 2007
cartolina aquilana
non voglio postare tutte le oto di questo giro centroitaliano perchè altrimenti ingolferei il blog e lo rimpierei di cose che poi magari stufano. Magari metterò qualche foto di città più avanti.
Non posso però non postare questa facciata della chiesa di San Bernardino a L'Aquila, perchè è stata fatta da un personaggio che ha perseguitato i miei studi, quest'anno, in preparazione della tesi: sì, questa facciata è del famigerato Cola dell'Amatrice. A molti so che questo nome non dirà assolutamente nulla, altri, invece, si ricorderanno che ho rincorso questo personaggio molto a lungo e che, pur nella convinzione che sia passato anche lui fra le cose di cui mi sono occupato, continua a sfuggirmi.
è anche vero, però, che anche qui, in facciata, ci sono due bei oculi bramanteschi: sarà un caso?
sono tornato!
sono tornato dal mio giro umbro-abruzzese, ma sono troppo stanco per raccontarvelo. Rimando tutto alla prossima puntata...
venerdì 9 febbraio 2007
"perle" di Saw
Trascrivo alcune perle di Saw, che da questo punto di vista è abbastanza "omerico" cui giochi di parola
"Dov'è Passirana?"
"Vicino a PassiRospo. Pensavo di andare a farci un girino!"
Proponendogli di venire a L'Aquila, la risposta è stata che non coglieva "al volo" l'occasione.
"Il signor Bic è morto...ci ha lasciato le penne"
Naturalmente ci sarà un seguito! Per ora un piccolo assaggio (ed un omaggio alla fantasia dei giochi di parole!)
"Dov'è Passirana?"
"Vicino a PassiRospo. Pensavo di andare a farci un girino!"
Proponendogli di venire a L'Aquila, la risposta è stata che non coglieva "al volo" l'occasione.
"Il signor Bic è morto...ci ha lasciato le penne"
Naturalmente ci sarà un seguito! Per ora un piccolo assaggio (ed un omaggio alla fantasia dei giochi di parole!)
giovedì 8 febbraio 2007
mercoledì 7 febbraio 2007
martedì 6 febbraio 2007
festa di laurea (un mese e mezzo dopo)
domenica 4 febbraio 2007
raggiunta quota 23
Ebbene sì, con oggi incremento +1, come di consueto, come da tradizione che si ripete ogni 365 giorni.
Come ci si sente a 23 anni, un po' come una decina di ore fa, quando ne avevo ancora 22!!!
A dire la verità, per precisione storica dovrei precisare che il mio compleanno vero è proprio è questa sera a mezzanotte meno dieci minuti, perchè quella è stata l'ora in cui sono nato.
Infatti, i riferiscono che la prima cosa che ha chiesto mia madre è stata "Che ore sono?", perchè tanto le avevano già detto che ero un maschio e che stavo bene: così, non avendo superato la mezzanotte, doveva rimanere in ospedale un giorno di meno!
MI hanno raccontato che in realtà il mio arrivo era previsto per il 5, ma poi ho fregato tutti sul tempo, compreso il medico che ha seguito mamma, cui fu detto di andarsene pure a dormire perchè tanto prima delle cinque di mattina non se ne aprlava. Ci rimase un po' male, quando gli dissero che invece ero già nato, perchè era un compagno di studi di zio Amos, il mio padrino di battesimo, e ci teneva...
Ad ogni modo, sono passati tutti questi anni e sono ancora qui a rompere i c...oni!
Bene bene...
buon compleanno a me allora!!!
Come ci si sente a 23 anni, un po' come una decina di ore fa, quando ne avevo ancora 22!!!
A dire la verità, per precisione storica dovrei precisare che il mio compleanno vero è proprio è questa sera a mezzanotte meno dieci minuti, perchè quella è stata l'ora in cui sono nato.
Infatti, i riferiscono che la prima cosa che ha chiesto mia madre è stata "Che ore sono?", perchè tanto le avevano già detto che ero un maschio e che stavo bene: così, non avendo superato la mezzanotte, doveva rimanere in ospedale un giorno di meno!
MI hanno raccontato che in realtà il mio arrivo era previsto per il 5, ma poi ho fregato tutti sul tempo, compreso il medico che ha seguito mamma, cui fu detto di andarsene pure a dormire perchè tanto prima delle cinque di mattina non se ne aprlava. Ci rimase un po' male, quando gli dissero che invece ero già nato, perchè era un compagno di studi di zio Amos, il mio padrino di battesimo, e ci teneva...
Ad ogni modo, sono passati tutti questi anni e sono ancora qui a rompere i c...oni!
Bene bene...
buon compleanno a me allora!!!
sabato 3 febbraio 2007
giovedì 1 febbraio 2007
Firenze arrivo!
Bene. dunque, oggi, nel pomeriggio, fra alti e bassi alla fine riesco a partire per Firenze. Domani sera, quasi in nottata, risono a casa. Per il momento cominciamo a partire, fra poche ore, poi vediamo come va.
è una storia lunga (ma non avventurosa) quella che precede questi due giorni fiorentini, ma ve la racconterò al ritorno.
Per ora, se qualcuno mi cercasse e non mi trovasse...non sono morto, sono a Firenze!
è una storia lunga (ma non avventurosa) quella che precede questi due giorni fiorentini, ma ve la racconterò al ritorno.
Per ora, se qualcuno mi cercasse e non mi trovasse...non sono morto, sono a Firenze!
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