Bisogna bandire una petizione In difesa delle bancarelle e dei chioschi di libri all’aperto: nel giro di un anno si registra infatti già il secondo decesso. Il primo a cadere è stato quello di fronte al Teatro Dal Verme, che già a luglio del 2006 si era trasformato in un fiorista gestito da signori orientali. Adesso riscontro con rammarico che anche il piccolo chiosco di piazza Cordusio si avvia all’estinzione. Ho colto infatti un momento di transito: accanto a pochi libri superstiti sono spuntati oggettini di legno, grandi pupazzi di Pinocchio, targhe per la camera del pupo e altre amenità. Mi viene in mente quando ha chiuso il Remainder in Galleria Vittorio Emanuele II, di cui troppo pochi hanno sentito la mancanza. Ricordo una fase di mezzo in cui una parete di libri era stata eliminata per fare spazio a una serie di zaini, borse e portacellulari: credo fossero acquistabili singolarmente o in omaggio insieme a un certo numero di acquisti. Un tentativo un po’ ingenuo di sopravvivere, e infatti è durato poco.
Eppure, questi luoghi del commercio librario sopperiscono ad una funzione vitale della storia e dell’itinerario dell’oggetto libro, in quanto sono il paradiso dei bibliofili, una razza di lettori strana, esigente, difficile da classificare: è la categoria di quelli che in un libro non cercano solo un testo da leggere. Umberto Eco, in una bellissima “Bustina di Minerva” su “L’espresso”, qualche anno fa, diceva che il bibliofilo non è quello che ama i Promessi Sposi perché gli piace il romanzo manzoniano, ma che ama quella particolare edizione, con una certa copertina, un determinato carattere tipografico e un certo tipo di carta.
C’è un’affezione alla materialità dell’oggetto e una cura per quell’aspetto della bibliografia per cui il testo non è neutro alle forme della sua trasmissione (Mc Kenzie insegna!)
Nelle bancarelle di libri vecchi il bibliofilo sguazza con un senso di piacere: guarda tutte le copertine e familiarizza con esse, passa delle mezz’ore a scorrere le costole di tutti i volumi anche se sta diluviando. In genere sono luoghi in cui i libri non hanno un ordine, quindi bisogna scorrerli tutti per avere un’idea. Anzi, maggiore è il disordine, più il bibliofilo sarà felice, perché ogni libro trovato avrà il sapore della scoperta. Se poi arriva all’acquisto, magari in una uggiosa giornata milanese, si sentirà di aver fatto un’opera umanitaria, di aver preservato la tal copia dall’umidità e dalle ingiurie degli eventi atmosferici. Sono, questi, i luoghi in cui è ancora possibile contrattare, tirare sul prezzo, dato che quei libri non hanno più mercato, non hanno più un prezzo di copertina: si paga la singola copia a seconda del suo stato di “salute” e della sua rarità.
Il bibliofilo, insomma, è un animale strano all’interno della costellazione dei lettori: un personaggio dai caratteri che sfuggono, ma che meriterà delineare meglio in un altro intervento. Potrà sembrare biblacco, infatti, affermare che l’acquisto di un libro non è un atto feriale, ma un vero e proprio rito, se non addirittura un corteggiamento. Di questo, però, parlerò in un’altra occasione. Per ora, prima di tutto, preme riportare l’attenzione sul declino, sull’estinzione di questi posti così pittoreschi e così misteriosi: se questi piccoli antiquari cominciano a chiudere, bisognerà cominciare a chiedersene il motivo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
3 commenti:
Petizione!! Petizione!!
Nicoooo ma non provi a risolvere i pensieri laterali sul mio bloooog? sigh... :(
firmo anch'io, sono assolutamente d'accordo
Posta un commento